domenica 5 giugno 2016

APPRENDIMENTO

La scuola può, come afferma Jerome Bruner, coltivare le energie naturali che stimolano l’apprendimento spontaneo o “volontà di apprendere”, quelle che non dipendono da una ricompensa esterna, ma derivano da una sorgente intrinseca alla persona, essendo inerente al felice compimento dell’attività: 

  • la curiosità  (fare domande e provare piacere nel sapere);
  •  il desiderio di competenza, ovvero lo stimolo ad affrontare e risolvere problemi, così che la competenza diventa a sua volta un fattore di motivazione prima ancora di divenire una capacità conseguita; 
  • l’aspirazione ad emulare un modello proposto dagli insegnanti intesi in quanto équipe, che non consiste necessariamente nell’imitare il maestro, quanto nel fatto che egli divenga parte integrante del dialogo interno dello studente, una persona, cioè, di cui egli desidera il rispetto, di cui vuole far sue le qualità; 
  • l’impegno consapevole ad inserirsi nel tessuto della reciprocità sociale, che rappresenta il desiderio intrinseco nella natura umana di rispondere agli altri e cooperare con essi in vista di un obiettivo comune: vi è nel legame sociale una spinta intrinseca ad apprendere, ed è non già un’imitazione, quanto una dinamica in cui si apprende reciprocamente.

La volontà di apprendere è un motivo intrinseco, che trova la sua sorgente e la sua ricompensa nell’esercizio di sé. Essa diventa un problema soltanto in determinate circostanze: come quelle di una scuola in cui si impone un programma, gli studenti sono privati di ogni iniziativa, la linea da seguire è rigidamente fissata. Quindi non vi è un problema di apprendimento in sé, quanto di un metodo di insegnamento che impone compiti che non riescono a far leva sulle energie naturali dell’apprendimento proprie dell’allievo. 

martedì 31 maggio 2016

VALUTARE E CERTIFICARE


VALUTARE NON E'....................



La Conoscenza....

"E cammin facendo, ho acquisito la convinzione che la nostra educazione, per quanto dia strumenti per vivere in società (leggere, scrivere, far di conto), per quanto dia gli elementi (sfortunatamente separati) di una cultura generale (scienze della natura, scienze umane, letteratura, arti), per quanto si dedichi a preparare o a fornire un’educazione professionale, soffre di una carenza enorme per quanto concerne un bisogno primario del vivere: ingannarsi e cadere nell’illusione il meno possibile, riconoscere fonti e cause dei nostri errori e delle nostre illusioni, cercare in ogni occasione la conoscenza più pertinente possibile. Da qui una primaria ed essenziale necessità: insegnare a conoscere la conoscenza, che è sempre traduzione e ricostruzione.....
L’errore e l’illusione dipendono dalla natura stessa della nostra conoscenza, e vivere è affrontare continuamente il rischio di errore e di illusione nella scelta di una decisione, di un’amicizia, di un habitat, di un coniuge, di un mestiere, di una terapia, di un candidato alle elezioni, eccetera. Il pensiero complesso insegna a essere coscienti che ogni decisione e ogni scelta costituiscono una scommessa. " (da Edgar Morin, «Insegnare a vivere. Manifesto per cambiare l’educazione»)

lunedì 30 maggio 2016

Vantaggi dell’uso delle rubriche

INSEGNANTI:
Le rubriche rappresentano uno potente mezzo, in mano dell’insegnante e degli allievi, per definire la qualità degli apprendimenti, rendendo trasparenti le attese degli insegnanti relativamente al compito da svolgere e alla padronanza da possedere. Abilità e conoscenze monitorate dalle rubriche finiscono per essere apprese poiché considerate veramente importanti dagli studenti per la loro esperienza di vita.
Come riportato da Goodrich, ad alcuni studenti non piacciono le rubriche, poiché affermano che “se commetti qualche errore o non fai le cose come andrebbero fatte perché non ne hai voglia, l’insegnante può dimostrarti che tu conoscevi in anticipo cosa eri tenuto a realizzare”.

STUDENTI
Le rubriche aiutano gli studenti a divenire più profondi nel giudicare la qualità dei propri lavori e quella degli altri (autovalutazione e metacognizione). Quando le rubriche sono usate per condurre la propria valutazione e quella dei compagni, gli studenti diventano sempre più capaci di individuare e risolvere problemi che si presentano nel loro lavoro e in quello degli altri.
Inoltre, ripetendo molte volte la pratica attraverso la valutazione dei pari, e specialmente con l’autovalutazione, migliorano il senso di responsabilità verso i propri lavori e riducono le domande del tipo “ho finito?” rivolte all’insegnante.

GENITORI
Dall’uso della rubrica i genitori conoscono esattamente cosa i propri figli debbano fare per avere successo. La rubrica infatti diviene un interessante strumento di comunicazione insegnante(scuola)- genitori (famiglia), poiché quando è mostrata tra insegnanti-genitori-studenti, comunica in un modo concreto e osservabile le condizioni che per la scuola hanno maggior valore.
È in grado di chiarire la vision di fondo, quella a cui si tende, all’interno della scuola, e comunicarla agli studenti e ai genitori.
Il Piano dell’Offerta Formativa inoltre, potrebbe essere un ulteriore strumento nel quale trovano posto le rubriche che esplicano le scelte curricolari afferenti alla visione educativa della scuola.


RUBRICHE E PADRONANZA DELLA COMPETENZA

Il solo modo con il quale possiamo giudicare propriamente dove siamo, è legato a dove vogliamo essere (Wiggins G., 1998).
Questa introduzione di uno degli autori più compromessi nella fondazione della valutazione di tipo autentico, riassume anche la finalità dell’uso degli oggetti denominati “rubriche”: esse mirano ad educare e migliorare le prestazioni degli studenti, divenendo altresì una guida nell’essenzialità dei saperi disciplinari. Tendono quindi a superare l’idea di una verifica meramente di controllo sulle attività svolte e sulle conoscenze.
Due pilastri sui quali le rubriche si fondano sono il compito autentico (authentic task) e l’amichevole feedback sul compito. Attraverso di essi – incastonati nelle rubriche – la valutazione autentica si presenta come una vera valutazione attraverso i compiti “veri” che permettono all’insegnante di capire se gli studenti possono consapevolmente usare ciò che hanno appreso, in situazioni diverse, nuove o sempre più vicine, approssimativamente, a quelle della vita (Wiggins, 1998).


L’uso della competenza in situazione, richiedendo l’insieme di abilità e di conoscenze sulle quali si basa l’azione, permette di evidenziare il livello di padronanza di ogni studente, definita anche dall’ambiente, dal contesto o dalla natura stessa del compito.